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Tertulliano, Quinto Settìmio Florènzio.

Apologeta e scrittore cristiano di lingua latina. Le notizie biografiche in nostro possesso sono tratte da autori come Eusebio e Girolamo, o dagli scritti dello stesso T. Di famiglia pagana, nacque a Cartagine e condivise con l'ambiente romano l'avversione per il Cristianesimo nascente. Ebbe un'educazione vasta e raffinata (letteraria - padroneggiava anche il greco, lingua in cui scrisse alcune opere -, filosofica, storica e giuridica - alcuni anzi lo identificano con un giurista omonimo di cui ci restano estratti nel Corpus iuris civilis) e forse venne iniziato ai misteri orientali di Mitra. La conversione al Cristianesimo è databile intorno al 193; secondo Girolamo, ricevette anche l'ordinazione sacerdotale e si distinse per l'appassionata opera di diffusione e difesa della sua religione. La sua attività letteraria si svolse tra il 197 (data delle prime opere a noi note) e il 220, rispecchiando la profonda cesura biografica del 213, anno in cui T. abbandonò la Chiesa e la dottrina ufficiale per aderire al Montanismo (V.), una corrente eterodossa che predicava la necessità di una rigida ascesi in attesa dell'imminente ritorno di Cristo. Anche rispetto ai montanisti, tuttavia, T. accentuò il rigore disciplinare, fondando addirittura un suo gruppo, detto dei tertullianisti. Non sono state tramandate notizie sulla sua attività dopo il 220, ma Gerolamo data la morte di T. intorno al 240. Le sue opere furono equamente divise tra l'apologetica, in polemica antipagana, la dogmatica, a confutazione delle eresie, e la trattatistica di argomento morale e disciplinare. Al primo gruppo appartengono: Apologeticum, Ad nationes, De testimonio animae, Ad Scopulam e Adversus Judaeos (di cui si attribuiscono a T. solo i primi otto capitoli). Mentre gli apologisti orientali proponevano la nuova religione come "vera filosofia", in continuità e a completamento della tradizione speculativa greca, in Occidente T. interpretò una linea diversa, sottolineando l'originalità e la rottura del Cristianesimo rispetto alla sapienza pagana, mantenendo il confronto più sul piano etico e della fede che non su quello speculativo. Assai numerosi sono i trattati dogmatici, alcuni di carattere generale, altri più direttamente rivolti a confutare specifiche eresie: De praescriptione haereticorum (opera tra le più significative per l'impianto filosofico), Adversus Marcionem, Adversus Hermogenem, Adversus Valentianos, Scorpiace (contro le varie forme dello Gnosticismo e la contrapposizione tra il Dio dell'Antico Testamento e quello predicato da Cristo), De baptismo (contro la validità del Battesimo conferito da ministri eretici), De carne Christi (contro il Docetismo, sulla realtà del corpo di Cristo), De resurrectione carnis (sulla resurrezione della carne), Adversus Praxean (contro l'eretico che concepì il Patripassianismo, una forma estrema di Modalismo per la quale il Padre stesso sarebbe morto in Croce), De anima (che appartiene già al periodo montanista e affronta le varie credenze sulla metempsicosi, la preesistenza dell'anima, il Traducianesimo, ecc.). Il gruppo di scritti morali e disciplinari mostra un progressivo irrigidimento rispetto a ogni valore non solo pagano ma anche semplicemente umano o terreno: De patientia, De poenitentia, De exhortatione castitatis, De monogamia, Ad uxorem (tutti a sostegno dell'illiceità di un secondo matrimonio dopo la vedovanza); De spectaculis (contro la partecipazione dei cristiani ai giochi pagani), De idolatria (contro la partecipazione dei cristiani alla vita pubblica in quanto troppo legata al paganesimo), De corona (contro il servizio militare), Ad martyras (lettera di consolazione e sostegno indirizzata ai cristiani imprigionati e in attesa del martirio), De oratione (esortazione alla preghiera), De fuga in persecutione (si sostiene l'obbligo del fedele a non sottrarsi alla persecuzione, in quanto purificazione voluta da Dio che esenta da ogni altra purificazione post mortem dell'anima), De ieiunio adversus psychicos (scritto montanista, in cui si contrappongono gli psichici, i cattolici, agli pneumatici, cioè i veri seguaci dello Spirito), De pudicitia (in polemica contro papa Callisto che aveva esteso il potere sacramentale di remissione dei peccati anche alle colpe di adulterio e fornicazione; V. anche PENITENZA), De cultu feminarum, De virginibus velandis (sull'abbigliamento e il comportamento in pubblico delle donne). In tutta la sua produzione letteraria, T. dimostrò grande forza polemica, sostenuta da una profonda cultura giuridica (che utilizzò ad esempio per dimostrare l'illegalità per la stessa legge romana delle persecuzioni, essendo i cristiani condannati per nomen e non per una colpa specifica e provata), retorica e dialettica. Il suo stile e il suo lessico sono tuttavia assolutamente originali e personali: la capacità di innovare i vocaboli per quanto concerneva il loro valore semantico - sia modificandone l'uso corrente sia reintroducendo termini desueti o arcaici - dotò la teologia latina di gran parte della sua terminologia e costituisce forse il maggior contributo di T. allo sviluppo teologico occidentale. ║ Le dottrine: sebbene il pensiero di T. manchi totalmente di sistematicità, pure egli può essere considerato il primo teologo latino, almeno per quanto riguarda la cristologia e la dottrina trinitaria (proprio a lui si deve anzi il termine trinitas). Partendo da una condanna radicale della filosofia (cui imputa ogni deviazione ed errore morale e dottrinale, dimostrando come ogni eresia prenda le mosse da un sistema filosofico), T. fonda la verità cristiana, e l'autorità della Chiesa in merito ad essa, sulla tradizione. Poiché il messaggio di Cristo è stato tramandato per successione diretta nella Chiesa, essa sola ne è l'erede, dotata dell'esclusivo diritto dell'insegnamento e dell'interpretazione delle Scritture che custodiscono tale messaggio. Coerentemente a tale assunto, per T. non ha valore alcuno né la coscienza del singolo (in quanto spazio interiore in cui possa risuonare la voce divina) né la ricerca che si protragga una volta raggiunta la condizione di credente: la fede si sostituisce totalmente alla ragione, secondo il paradosso credo quia absurdum: credo perché è assurdo. Tre le principali questioni teologiche affrontate da T., egli accolse e sostenne la concezione trinitaria, distinguendo nettamente le persone divine, ma consentendo in un certo grado a tesi subordinazioniste. Infatti sia il Figlio sia lo Spirito sono per lui derivazione e parte del Tutto, mentre la totalità della sostanza compete solo al Padre. Per quanto riguardava il problema cristologico, invece, T. si attestò su posizioni che furono poi quelle dei concili di Nicea e Calcedonia (che non accolsero però la limitazione della verginità di Maria al solo ante partum, cioè a prima del concepimento, ma la estesero ai momenti in partum e post partum): T. affermò la piena umanità e divinità di Cristo e la funzione non solo redentrice ma anche primiziale della sua Resurrezione, garanzia di quella che sarà concessa (al momento del giudizio finale) a ogni uomo, in corpo e anima. La concezione dell'anima in T. tuttavia appare sconcertante, in quanto esprime un evidente materialismo, per il quale l'anima non è incorporea bensì dotata di una corporeità sui generis, differente da quella della carne ma pur sempre "materiale". Corollario di questa dottrina è la credenza che l'anima non sia insufflata direttamente da Dio in ogni uomo, ma che essa venga comunicata direttamente dai genitori ai figli (traducianesimo). Aderendo al Montanismo, T. concesse spazio sempre maggiore al tema della parousia imminente (la seconda venuta di Gesù) che avrebbe instaurato il Regno di Dio. L'ottica apocalittica accentuò il rigore disciplinare che già gli era proprio: condannò le seconde nozze, in caso di vedovanza, come forma di adulterio e sostenne l'illiceità da parte della Chiesa di perdonare i peccati gravi, dopo la prima remissione che il fedele riceveva con il Battesimo (Cartagine 160 circa - 220 circa).